Conflitti genitori figli
di Antonio Sammartino
28/12/2019
Le informazioni relative ai propri genitori e a se stessi, sono fondamentali per un sano equilibrio emotivo, diversamente nell’individuo si diffonde un grave senso di disagio.
Una ragazza, figlia di una coppia separata da diversi anni, scrive: non capisco, quando telefona mio padre, il mio atteggiamento è sempre freddo nei suoi confronti, ogni suo tentativo di stabilire un qualsiasi contatto con me, si scontra con il mio incomprensibile rifiuto. Mio padre mi manca e la mia non è rabbia nei suoi confronti, sarebbe troppo banale giustificarsi in questo modo.
In generale, le motivazioni alla base di questi comportamenti dei bambini possono essere diversi: il padre è effettivamente colpevole, può essere un meccanismo di difesa adottato dal bambino per attenuare il disagio che i conflitti fra i genitori produce, ecc., ma molto spesso, il meccanismo psicologico che alimenta questa forma di distacco emotivo del bambino dal padre non si comprende, anche se è evidente a tutti che è stato indotto dai comportamenti della madre, per cui in diverse persone, si insinua il dubbio che forse è successo qualcosa che non è emerso. Nel migliore dei casi, si insiste banalmente nel dire alla coppia di attenuare i conflitti.
Sindrome della Falsa Memoria
I bambini piccoli, con età inferiore agli otto anni, sono particolarmente vulnerabili alla manipolazione e alla suggestione diretta o indiretta, in quanto i loro Lobi Frontali sono ancora immaturi, per cui in diverse situazioni confondono i ricordi veri con quelli falsi o immaginati, senza essere in grado di poterli distinguerli. Inoltre possono essere facilmente suggestionati, specialmente da quelle persone che godono della loro fiducia, che possono facilmente fargli credere come vero, ciò che in realtà è stato loro in qualche modo suggerito.
Per comprendere questi meccanismi, occorre conoscere come si creano le memorie.
Il sistema cognitivo umano è molto flessibile nel rappresentare le informazioni, sia per quanto riguarda la codifica, sia per quanto riguarda la trasformazione da una forma ad un’altra. Inoltre può memorizzare le informazioni, in base all’esperienza dell'individuo, in base al significato o in base al contributo delle conoscenze personali dell’individuo.
In generale, le informazioni e gli eventi relativi alle esperienze personali, vengono memorizzate sia in forma autobiografica, come sequenza di episodi datati cronologicamente nel tempo, sia in base al loro significato semantico, sotto forma di enunciati generalizzati, che sono fortemente condizionati nel bambino, da quando apprende dalle figure di accudimento principali e in misura minore dall’esperienza personale, in quanto l’Io del bambino è ancora molto debole.
Per ogni esperienza personale, nell’individuo si creano sempre nuove memorie autobiografiche, mentre la memorizzazione semantica utilizza quasi sempre strutture cognitive che sono già presenti nella mente.
Anche la memorizzazione dell’immagine di se stesso e dei propri genitori, segue le medesime regole, per cui i ricordi relativi ai comportamenti e di quanto è stato detto in ciascuna occasione, sono memorizzati, sia come esperienze personali (autobiografia), sia come generalizzazioni di se stessi (Immagine di Sé) e di come viene percepito ciò che un genitore rappresenta. Quando il significato di una esperienza, contenuto in questi due diversi tipi di memorie (autobiografica e semantica) è discordante, può emerge nell’individuo, un conflitto emotivo o cognitivo.
Molto spesso, il comportamento reale di un genitore e quindi la sua immagine, non corrisponde con il modello generalizzato che il bambino (o l’individuo) ha del proprio genitore. In questi casi, si crea nel bambino un conflitto, che potrebbe produrre ansia, timore o paura.
La contraddizione di queste informazioni nasce dalla diversità delle fonti da cui viene ricavata la parte principale dell’informazioni. Infatti, mentre le informazioni che vengono memorizzate nella memoria episodica è prevalentemente parte di ciò che il bambino ha percepito direttamente, ciò che invece viene memorizzato nella memoria semantica è prevalentemente ciò che viene detto al bambino.
In generale, se prevale l’informazione presente nella memoria episodica, il bambino esprime il suo Vero Sé, in quanto possiede un senso semantico che è stato dedotto dall’esperienza personale, mentre nell’altro caso esprime un Falso Sé, in quanto indotto da falsi eventi o notizie. In altri termini, qualcuno (generalmente la madre), fornendogli false notizie sul padre, modifica con l’inganno la memoria semantica, ma non incide su quella autobiografica, creando così nel figlio, un mondo irreale che non ha riscontro nella storia personale del bambino.
Barriera alla comunicazione o Esclusione Difensiva
Quando un bambino (o un individuo) esprime un Falso Sé, nella sua mente si forma un meccanismo denominato Esclusione Difensiva, cioè una forma di barriera alla comunicazione fra due o più importanti settori della mente, in cui avviene l’elaborazione del flusso sensoriale, al di fuori della consapevolezza. Questa barriera si crea per effetto della riduzione temporanea alla risposta, da parte dei neuroni di alcune vie sensoriali, causata dalla diminuzione del livello di un particolare input, necessario per attivare quei neuroni. Ciò accade quando la natura dell’informazione, se accettata, potrebbe provocare sofferenza, suscitare sentimenti contrastanti o innescare azioni che potrebbero essere giudicate negativamente dai Sistemi Valutativi del bambino e quindi produrre ansie, conflitti o sensi di colpa. In questi casi, il bambino ha acquisito, in modo inconsapevole, la necessità di rimuovere un suo bisogno affettivo, per adeguarsi al desiderio della madre, sua dominante figura di accudimento, in quanto la quasi totalità del tempo lo trascorre in sua compagnia, rispetto al padre che incontra con discontinuità.
La distinzione di questi meccanismi difensivi, da una forma normale a quella patologica, è determinata dalla durata e dalla frequenza del suo utilizzo. Ad esempio, se viene adottata occasionalmente, per distogliere l’attenzione dai pensieri dolorosi o per escludere dall’elaborazione consapevole, le informazioni irrilevanti, che potrebbero distrarre l’attenzione dell’individuo, svolgono un ruolo compatibili con la salute mentale; mentre se si stabilizzano, nel tempo possono inibire particolari tipi di informazione, per esempio quelle che consentono la formazione dei legami affettivi. In questi casi, l’inibizione verso il legame affettivo non è solo verso il padre, ma anche verso altre persone e paradossalmente anche verso la madre. In altri termini il bambino, non sarà più in grado di comportarsi diversamente e quindi diventa incapace di esprime un equilibrato sentimento affettivo.
Come è possibile consentire al bambino di recuperare il suo Vero Sé?
In questi casi, può risultare utile sollecitare il bambino a ricordare fatti reali (possibilmente, ricchi di particolari positivi), al fine di rendere possibile una rivalutazione dei comportamenti del genitore alienato, sulla base di una sensibilità diversa, in modo da consentire al bambino di modificare la sua memoria semantica e quindi i suoi desideri e sentimenti.
Nel confrontare le informazioni che confluiscono dai due tipi di memorie, il bambino può valutare le informazioni provenienti dalla memoria episodica con maggiore obiettività e quindi meglio identificarsi con esse. Il sé che il bambino sperimenterà sarà il suo vero sé e sarà quello a cui in seguito, avrà un più facile accesso.
Attenuandosi la differenza fra le informazioni contenute nei due tipi di memorie, si attenua il conflitto, migliora l’autoriflessione e diventa più efficace l’accesso alle informazioni memorizzate nella memoria a lungo termine, indipendentemente dalla fonte e dal tipo di memoria, mentre l’esistenza di un conflitto, limita o condiziona il flusso delle informazioni. Nei casi in cui il Falso Sé nel bambino è stato indotto dai comportamenti e dalle menzogne della madre, è fondamentale il suo contributo, per consentire al figlio di recuperare in positivo l’immagine del padre, mediante per esempio, la narrazione di favole o la realizzazione di disegni in cui il bambino possa identificarsi e da cui può emergere in positivo la figura del padre.
Anche il gioco svolge un ruolo fondamentale (specialmente nel periodo in cui il sistema della memoria episodica non ha ancora iniziato a funzionare), in quanto consente al bambino di raccontare una storia, una forma di narrazione rudimentale, ma conseguenziale e coerente del suo sé, resa possibile dalla presenza dei giocattoli e degli altri oggetti del mondo reale (Kohut). Tuttavia, affinché possa produrre uno stato affettivo positivo, nel senso di un cambiamento emotivo, il gioco deve essere associato ad emozioni positive (ad esempio interesse) e deve produrre una forma di benessere per il bambino. Infatti, secondo Maers, è la concordanza tra la rappresentazione interna dell’esperienza immediata e la rappresentazione di questa nell’ambiente, che sollecita il cambiamento emotivo.
Come è possibile che una semplice menzogna possa compromettere l’interpretazione della realtà di un bambino?
Innanzitutto l’Io di un bambino è molto debole, per cui nell’interpretazione della realtà, l’opinione della figura di accudimento principale (generalmente la madre) è seriamente preso in considerazione dal bambino e prevale su quelle che sono le sue esperienze dirette, specialmente in un contesto di conflitti fra i genitori, che crea timori e smarrimento. Inoltre, un bambino piccolo non è in grado di ricordare, gli episodi della sua vita, vissuti in un periodo antecedente ai quattro anni, in quando lo sviluppo del sistema della memoria è immaturo o non si è ancora completato, per cui ha un più facile accesso al valore semantico, rispetto a quello episodico.
A seguito della rottura di un legame sentimentale, nella quasi totalità dei casi i figli vengono assegnati alle madri, in basa all’errata convinzione, di un presunto istinto materno e di una superiore capacità di accudimento della donna e su una colpevolizzazione a prescindere dell’uomo. L'assenza del padre è vissuto dal bambino come un abbandono.
Solo recentemente, nella legislazione italiana, è stato introdotto l’affidamento congiunto che purtroppo per i bambini, viene applicato solo in rari casi. Quindi, una madre che vuole alienare un figlio, ha a disposizione un periodo di almeno un anno, prima di un intervento legale, durante il quale può con strategie diverse rendere impossibile o molto problematico il rapporto del bambino con il padre. Inoltre può facilmente influenzare il figlio con frasi del tipo: tuo padre ci ha abbandonato (generalmente è il padre che viene costretto ad uscire di casa), il tuo papà non ci dà i soldini, quando eri piccolo ti picchiava e ti rinchiudeva al buio nella cameretta, il tuo papà è ora buono con te perché vuole portarti via dalla mamma. Se la madre sta male, dice al bambino che si è presa la malattia per fare stare bene il figlio, ecc.
Il valore semantico dell’idea della madre è nell’immaginario del bambino tutto al positivo, mentre quello del papà è tutto al negativo, indipendentemente dai comportamenti di entrambi i genitori, inoltre nei primi anni di vita, la separazione del bambino dalla figura di attaccamento principale genera paure ed ansie, specialmente se è stata una figura eccessivamente presente.
Una madre, non si trasforma in malevole per la semplice rottura del legame sentimentale con il suo partner, in quanto le sue problematiche psicologiche hanno radici che risalgono alla sua infanzia e in modo particolare nei rapporti con la madre, che hanno alterato la sua capacità a saper valutare e quindi a vivere gli affetti. In questi casi è molto probabile che le sue problematiche psicologiche sono riemerse a seguito della nascita del figlio, che hanno risvegliato infantili emozioni, che potrebbero averla indotta, in una prima fase ad isolarsi in modo anomalo con il figlio e successivamente ad attuare, in modo inconsapevole, discutibili stili di comportamento. Per esempio, per farsi ubbidire dal figlio potrebbe aver usato frasi del genere: se non la smetti la mamma non ti vuole più bene, se non mangi quando viene papà ti faccio picchiare, se non fai questo fai stare male la mamma, ecc.
A seguito di un rimprovero, ad un atteggiamento di distacco affettivo dal figlio, potrebbe aver fatto seguire un atteggiamento di intenso affetto, il che potrebbe aver convinto il bambino che è meglio ubbidire alla mamma, per non rischiare di perdere il suo amore.
Questo stile di comportamento ha reso più semplice conquistarsi, a seguito della separazione, la complicità del bambino che, per evitare di perdere la figura di attaccamento decide, in presenza della madre, di non manifestare il suo affetto nei confronti del padre e di tutti i suoi familiari e amici.
Quali potrebbero essere le conseguenze nel futuro del bambino?
Gli effetti di questo atteggiamento potrebbero tradursi nell’incapacità del bambino a saper valutare con obiettività, l’affettività espressa nei suoi confronti. Nell’ipotesi peggiore, i sentimenti di amore e di legame affettivo, dopo un periodo di intenso attaccamento, potrebbero gradualmente trasformarsi in stile di comportamenti che tendono nella relazione alla ricerca delle cose che possono dividere, piuttosto che a quelle che possono unire, il che comporta una inevitabile incomprensione che molto spesso si traduce nella rottura del legame affettivo o nell’incapacità a tollerare un duraturo sentimento d’amore. In molti casi, l’intensificarsi del sentimento d’amore e di affetto, potrebbe innescare il timore della perdita, che trasformandosi in ansia, altera gli stili di comportamento che inevitabilmente potrebbero portare alla rottura definitiva del legame affettivo o trasformarsi in una anomala dipendenza emotiva.