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Library: Psicologia - Meccanismi Mentali

Senso di Fiducia e benessere psicologico
di Antonio Sammartino    05/08/2018

Le credenze determinano il pensiero, che si trasforma in energia mentale, che si manifesta sotto forma di emozioni.

Una delle principali cause che impedisce ad un individuo di innamorarsi è la sfiducia nell’altro sesso, un meccanismo di difesa che nasce dall’inquietudine e che viene attuato per sfuggire alle delusioni, per evitare di rivivere ancora i dolori provati nelle precedenti esperienze affettive. Una inquietudine che si alimenta attraverso le emozioni come la paura, la rabbia, il risentimento, la competizione, la gelosia e la tristezza, che distruggono il desiderio erotico sentimentale e la capacità affettiva di amare. 

La fiducia nell’altro è un aspetto fondamentale della qualità della vita e dell’amore che proviamo innanzitutto per noi stessi, è la misura della gioia che riusciamo a trasmettere e della profondità del senso dell’intimità che possiamo raggiungere, nelle relazioni che riteniamo importanti. 
La sfiducia, abile nel nascondersi dietro i pensieri, inibisce l’osservazione, si inventa modi sofisticati per impedire il diffondersi della consapevolezza, necessaria per consentirci di dubitare della validità di quei pensieri che alimentano i disagi. La sfiducia è un dono malefico che ci è stato regalato durante l’esistenza intrauterina, l’infanzia e rafforzata dalle esperienze significative del nostro passato cosciente, che hanno scritto in modo quasi indelebile, nella nostra memoria emotiva, come saremo in grado di rispondere alle sollecitazioni dei pensieri o dei bisogni che nascono dal nostro mondo interno. 
Possiamo provare, attraverso l’analisi, ad esplorare le ferite del nostro passato o della nostra infanzia ed anche se riusciamo a scoprire le cause, non riusciremo mai a raggiungere un adeguato livello di fiducia, perché mancherà sempre la chiave giusta, per modificare quelle esperienze dolorose, chiave necessaria per aprire la nostra mente all’amore, perché la chiave giusta è nell’uso del pensiero, che determina le idee, che a loro volta producono quell’energie mentali che chiamiamo emozioni. 
Infatti le emozioni, anche se sono involontarie e gestite in modo inconsapevole dalla nostra identità, possiamo se lo desideriamo, evitare che ci dominano, perché le emozioni si determinano anche attraverso le idee elaborate dal pensiero, ma il pensiero può anche essere prodotto dalle parole, che sono i suoni che possono attivare, in modo simile al periodo di vita intrauterina, la produzione delle nostre emozioni. 
Un pensiero può nascere dalle pulsioni (mondo interno), oppure può essere stimolato in risposta a sollecitazioni del mondo esterno. Quando le emozioni sono positive e si scaricano nel mondo interno, producono il piacere e la gioia di vivere, mentre se si rivolgono al mondo esterno trasmettono disponibilità, gioia e senso di positività. Se invece le emozioni sono conflittuali o negative e si scaricano nel mondo interno, creano depressione, ansia, angoscia e melanconia; mentre se si rivolgono al mondo esterno si manifestano sotto forma di tensione, ostilità, collera e violenza. 
Le prime esperienze emotive le viviamo durante la vita intrauterina. La sua qualità contribuisce a determinare il senso della fiducia che il bambino manifesterà verso il mondo esterno, in quanto l’amore materno innesca un dialogo emotivo, che è trasmesso al feto attraverso i legami neuro-ormonali. Ciò significa che le emozioni materne, per esempio di gioia, serenità, paura, voglia di vivere, ecc., possono contribuire allo sviluppo emotivo del futuro bambino. Queste emozioni materne, costituiscono le primarie predisposizione della personalità che contribuiscono a determinare il temperamento del bambino. 
Per comprendere come si innesca questo dialogo occorre conosce come, in generale il cervello elabora un pensiero. 
Cervello, Sistema Nervoso Autonomo e Sistema Endocrino sono le tre principali componenti che controllano l’elaborazione di uno stato emotivo. Quando un pensiero raggiunge il cervello, viene immediatamente rielaborato nell’Ipotalamo come emozione. A seguito di questa rielaborazione, l’Ipotalamo, mediante il Sistema Nervoso Autonomo e il Sistema Endocrino, invia una serie di messaggi al corpo affinché possa attuare le necessarie risposte fisiche (per esempio alterare il battito del cuore, dilatare le pupille, correre per sfuggire ad un pericolo, ecc) e nello stesso istante aumenta la secrezione degli opportuni neuro-ormoni, associati a quella particolare emozione che, riversati nel sangue, alterano i processi chimici dell’individuo che, nel caso di una donna incinta, li trasmette al feto. 
Ciò significa che le esperienze emotive della madre sono trasmesse al feto, mediante un’interazione chimica, per cui se sono piacevoli e positive il feto ne trae benefici, mentre se sono negative possono causare una serie di alterazioni funzionali. Quindi, se ad esempio un feto è continuamente bombardato da scariche ormonale, prodotte da uno stato ansioso della madre, può predisporre il futuro individuo ad essere ansioso, oppure può contribuire ad alterare l’ipotalamo e il sistema endocrino e quindi il sistema nervoso autonomo che li coordina. Sovraccaricare il sistema nervoso autonomo di un bambino significa renderlo teso, irrequieto, agitato e iperattivo. 
Per completezza occorre dire che esiste una forma di comunicazione fetale che si basa sui suoni (ad esempio il battito cardiaco della mamma), il movimento, la tattilità e la trasmissione psichica indiretta dei pensieri tra la madre e feto. Ovviamente il feto non comprende il significato delle parole, ma percepisce le vibrazioni attivate dai sentimenti di amore e accettazione di entrambi i genitori, che sono trasmessi attraverso processi chimici. Anche il papà può comunicare con il feto, attraverso il corpo della donna. 
Secondo lo psichiatra Thomas R. Verny la madre dialoga con il feto mediante tre diversi tipi di comunicazioni: 
Comportamentale, la madre lo trasmette per esempio, attraverso il suo modo di muoversi, accarezzandolo attraverso l’addome, parlando con Lui, mentre il feto comunica il suo disagio, prevalentemente muovendosi o tirando calci. 
Fisiologico, la madre trasmette al feto, per via placentare, le sostanze presenti nel suo sangue, che possono essere nutritive o tossiche. Ad esempio, gli ormoni come le Endorfine possono indurre un effetto benefico e quindi positivo, mentre la Noradrenalina, l’Adrenalina e la Dopamina possono indurre effetti negativi. Attraverso questo dialogo anche il feto contribuisce al successo della gravidanza mediante la produzione, tramite la parte di origine fetale della placenta, degli ormoni come ad esempio gli Estrogeni e il Progesterone. 
Simpatetica, la madre lo trasmette attraverso le sensazioni, le emozioni e il sentimento di accettazione, di amore e affetto che prova nei confronti del futuro bambino. Quest’atteggiamento pone le basi per creare il senso del legame di affetto e della capacità a saper amare del futuro bambino. Inoltre contribuisce alla maturazione emozionale della coppia, preparandola al ruolo di genitori.

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